Una forma d’onda è essenzialmente la rappresentazione grafica del livello di pressione sonora di un segnale o il livello di tensione nel tempo.
In breve, una forma d’onda permette di capire visualmente, di studiare e di spiegare il fenomeno reale della propagazione dell’onda in un ambiente e generalmente ha le seguenti caratteristiche fondamentali:
• ampiezza
• frequenza
• velocità
• lunghezza d’onda
• fase
• contenuto armonico
• inviluppo.
Queste caratteristiche permettono di distinguere una forma d’onda dall’altra.
Le più importanti fra di esse sono l’ampiezza e la frequenza.
Andiamo a vedere ciascuna caratteristica per comprendere i principi fondamentali dell’acustica.
L’ampiezza
La distanza tra il picco superiore e quello inferiore rispetto alla linea centrale della forma d’onda, come ad esempio la sinusoide pura, rappresenta l’ampiezza (livello) del segnale.
Maggiore è la distanza o lo scostamento dalla linea centrale, maggiori saranno le variazioni di pressione, il segnale elettrico o lo spostamento fisico all’interno di un mezzo.
L’ampiezza di una forma d’onda può essere misurata utilizzando diversi standard.
Ad esempio, il valore di picco dell’ampiezza è la misurazione del livello di segnale massimo di un’ onda, positivo o negativo, e la differenza fra i livelli di picco positivo e negativo del segnale è detta valore da picco a picco.
Il valore valore efficace RMS (Root Mean Square) fu sviluppato per arrivare a una media significativa di questi valori e per approssimarsi maggiormente al livello di segnale percepito dalle nostre orecchie.
Per un’ onda sinusoidale, il valore RMS è calcolato elevando al quadrato l’ampiezza dell’onda in ciascun punto della forma d’onda e poi facendo la media matematica delle radici quadrate dei risultati ottenuti.
L’aspetto matematico non ha la stessa importanza del suo significato reale, essendo tale valore pari a 0.707 volte il livello di ampiezza del picco istantaneo.
Dato che il quadrato di un numero, positivo o negativo, è sempre positivo, il valore RMS sarà sempre positivo.
La frequenza
La rapidità con cui un generatore acustico, un segnale elettrico o una massa vibrante ripetono un ciclo di estensione dell’ampiezza dal massimo punto positivo a quello negativo è nota come frequenza del segnale.
All’aumentare del numero di ripetizioni in un determinato periodo di tempo, aumenta la frequenza (e l’intonazione percepita) e viceversa al diminuire di questo numero.
Un’escursione completa di un’onda, che viene tracciata sull’asse dei 360° di un cerchio, è nota come ciclo.
Il numero di cicli che si verificano nel periodo di un secondo (frequenza) è misurato in hertz (Hz).
La velocità e la lunghezza d’onda
La velocità di un’onda è la velocità alla quale essa viaggia attraverso l’aria alla temperatura di 20° C (68° F) equivalenti a 344 m/s (metri al secondo).
Questa velocità dipende dalla temperatura e aumenta di circa 0.6 m/s per ogni grado Celsius (0.3 m/s per ogni grado Fahrenheit).
La lunghezza d’onda (spesso rappresentata con la lettera greca lambda) è l’effettiva distanza nel mezzo di trasmissione fra l’inizio e la fine di un ciclo, o fra punti corrispondenti di cicli successivi, ed è pari a: λ = V/f
dove Lambda λ è la lunghezza d’onda nel mezzo, V è la velocità di propagazione nel mezzo e f è la frequenza, in hertz.
Il tempo impiegato per completare un ciclo è detto periodo dell’onda.
Per esempio, un’onda sonora corrispondente a 30 Hz compie 30 cicli al secondo, vale a dire un ciclo ogni trentesima parte di secondo (all’incirca ogni 0.0333 secondi). Il periodo dell’ onda è espresso usando il simbolo T:
T = 1/f
dove T è il numero di secondi per ciclo.
Assumendo che il suono si propaga alla velocità di 344 m/s, una forma d’onda a 30 Hz compirà il suo ciclo di 360° in 0,0333 secondi, il che significa una distanza di circa 11,5 metri (344 x 0.0333).
Perciò si può affermare che la lunghezza di un’onda sonora con frequenza di 30 Hz nell’aria è di 11.5 metri, mentre con frequenza di 300 Hz è di 1.15 metri.
Analogamente una forma d’onda di frequenza pari a 1000 Hz ha una lunghezza pari a 0.344 metri (344 x 0,001) mentre una di 10.000 Hz ha lunghezza d’onda pari a 0.034 metri.
Questi semplici calcoli dimostrano come la lunghezza d’onda diminuisca all’aumentare della frequenza.
La riflessione del suono
In modo molto simile alle onde luminose, il suono si riflette su una superficie con un angolo uguale a quello iniziale di incidenza (e in direzione opposta).
Questa proprietà fondamentale è una delle pietre miliari del complesso studio dell’acustica.
Un’ onda sonora riflette su una superficie piana, compatta e liscia in modo semplice e rettilineo, con un angolo di valore uguale ma con direzione opposta.
Mentre una superficie convessa riflette verso l’esterno il suono che la colpisce, disperdendolo ampiamente
La superficie concava può servire per indirizzare il suono in un punto ben preciso, detto fuoco, mentre un angolo di 90° serve per riflettere il suono verso la direzione di provenienza originale.
Ciò vale per entrambe le pareti del muro, così come vale per l’intersezione a 90° in cui si incontrano i muri e il pavimento.
Questo eguale angolo di riflessione ci può far comprendere i cambiamenti dei livelli di volume di un suono che spesso vengono in prossimità degli angoli, e in particolar modo nelle intersezioni muro/pavimento.
La diffrazione del suono
Il suono ha la proprietà intrinseca di diffrangersi attorno o attraverso una barriera acustica fisica.
In altre parole, il suono può curvare attorno a un oggetto in maniera da ricostruire la forma d’onda originaria sia come frequenza sia come ampiezza.
Un ostacolo che sia piccolo relativamente alla sorgente iniziale di una grande forma d’onda è un impedimento irrilevante per il suono stesso.
Mentre un grande ostacolo può ostacolare una notevole porzione della forma d’onda.
Comunque, una volta superata questa ostruzione, il segnale comincia a curvarsi attorno all’area immediatamente al di là della barriera e comincia a ricostruire la forma d’onda.
Un segnale sonoro può passare attraverso una apertura in una grande barriera.
Anche se il segnale trova un grande impedimento (rispetto alla dimensione dell’apertura stessa), può nondimeno incominciare a ricostruirsi come lunghezza d’onda e ampiezza e può irradiarsi fuori dell’apertura come se essa fosse il punto d’origine.
E una grande apertura nella barriera lascia passare una grande porzione della forma d’onda senza alcun impedimento.
La risposta in frequenza
Il diagramma che rappresenta le caratteristiche di uscita di un dispositivo è noto con il nome di curva della risposta in frequenza quando il segnale viene immesso nel dispositivo a livello costante su tutto lo spettro udibile dall’orecchio umano, vale a dire da 20 a 20.000 Hz).
Questo diagramma è utilizzato per rappresentare graficamente come si comporta un dispositivo quando è attraversato da un suono e come influisce sulla colorazione complessiva del suono stesso.
Ad esempio, questa è la risposta in frequenza di un’apparecchio; l’asse x rappresenta la frequenza del segnale e l’asse y rappresenta la misura del segnale in uscita dal dispositivo stesso.
Queste curve sono ottenute inviando all’ingresso del dispositivo un segnale di riferimento, che copra tutto lo spettro udibile mantenendo una ampiezza costante.
I risultati sono quindi riportati su un grafico, di facile lettura, che indica i valori dell’ampiezza rispetto alla frequenza.
Se l’ampiezza in uscita è la stessa a tutte le frequenze, la curva sarà piatta, cioè una linea retta da sinistra a destra; da questa rappresentazione deriva il termine risposta in frequenza piatta.
Il dispositivo lascia passare tutte le frequenze in modo assolutamente identico, senza enfatizzare o attenuare nessuna di esse.
Se la curva dovesse abbassarsi o alzarsi in corrispondenza di alcune frequenze, si vedrebbero immediatamente dei picchi e degli avvallamenti nel grafico stesso.
La fase
Un ciclo può iniziare in qualunque punto di una forma d’onda; quindi se si hanno due o più forme d’onda che si uniscono per produrre un unico suono, esse avranno ampiezze relative diverse in qualunque istante temporale, cosa che avviene nella maggioranza dei casi.
Per semplicità ci limitiamo ad esaminare il comportamento di due toni puri, vale a dire due onde sinusoidali con la stessa frequenza e ampiezza di picco ma che inizino il loro ciclo in due istanti diversi.
Si dice che queste onde sono reciprocamente fuori fase.
Le variazioni di fase, che sono misurate in gradi (°), si possono definire come il ritardo fra due o più forme d’onda.
Questi punti in ritardo fra di loro presentano diversi angoli di fase, all’interno del ciclo completo; ciò equivale a dire che possono essere sfasati ad esempio di 90°, 180° o di un qualsiasi altro angolo compreso fra 0° e 360°.
Di solito si considera che l’onda sinusoidale (così chiamata perché il suo andamento segue la funzione trigonometrica “seno”) inizi a 0° con ampiezza 0, aumenti fino a un massimo positivo a 90°, diminuisca fino a zero a 180° e aumenti di nuovo fino a un altro massimo (ma in direzione negativa) a 270° e ritorni nuovamente a zero in corrispondenza dei 360°, per ricominciare il ciclo in maniera identica.
Quando due o più forme d’onda arrivano in un punto ben preciso con fasi diverse, le loro ampiezze relative si sommano, ottenendo quindi un unico valore in un istante ben preciso.
Se si sommano due forme d’onda che hanno la stessa ampiezza, forma e valore di picco e che sono completamente in fase (differenza di fase 0°), la forma d’onda risultante ha la stessa frequenza, fase e forma ma ha ampiezza di picco doppia rispetto alle originali.
Prendendo in considerazione due forme d’onda assolutamente uguali a quelle appena descritte, ma completamente fuori fase (differenza di fase di 180°), esse si cancellano reciprocamente quando vengono sommate.
Ciò si traduce in una linea retta di ampiezza 0.
Quando la seconda onda sonora è solo parzialmente fuori fase (cioè non esattamente a 180°), essa interferisce costruttivamente nei punti in cui l’ampiezza di entrambe le onde è positiva (e l’onda risultante ha quindi ampiezza maggiore rispetto all’onda originaria nello stesso istante di tempo), mentre interferisce distruttivamente nei punti in cui i segni delle due ampiezze d’onda sono opposti (e l’onda risultante ha quindi ampiezza minore rispetto all’onda originaria nello stesso istante di tempo.
La rotazione di fase
La rotazione di fase descrive l’ammontare dell’avanzamento o del ritardo di un’onda rispetto ad un’altra.
Essa risulta dal ritardo di tempo della trasmissione di una delle due onde, determinato solitamente dalla distanza fisica tra le due sorgenti.
Per esempio, un’onda con frequenza 500 Hz completa un ciclo ogni 0.002 secondi. Se si prendono due onde di 500 Hz in fase e se ne ritarda una di 0.001 secondi (cioè di metà del periodo dell’onda), l’onda in ritardo seguirà l’altra di un mezzo ciclo, cioè di 180°.
Si può verificare anche il caso di una sola sorgente sonora ripresa da due microfoni, posizionati a distanze diverse; si crea di conseguenza un identico ritardo quando i segnali dei due microfoni sono mixati insieme.
Una seconda fonte di ritardi di tempo si ha quando il suono riflesso da una parete è ripreso dallo stesso microfono che riprende il suono diretto.
I due segnali saranno in fase alle frequenze per cui la differenza di lunghezza di percorso è pari alla lunghezza d’onda del segnale, e fuori fase a quelle frequenze per cui la differenza di lunghezza di percorso è pari alla metà della lunghezza d’onda del segnale.
In tutte queste situazioni si ha una risposta in frequenza alterata, cio
è il segnale è alterato dalla combinazione di cancellazioni o incrementi di fase.
Questa è una delle ragioni per cui bisogna evitare di avere interferenze e rientri fra strumenti durante una registrazione.
Il contenuto armonico
Fino a questo punto la discussione è stata incentrata su un’onda sinusoidale, composta pertanto da una sola frequenza, che produce un suono puro con una certa intonazione.
Per fortuna gli strumenti musicali raramente producono onde sonore sinusoidali pure ed è un bene che sia così, altrimenti tutti gli strumenti che suonassero la stessa nota avrebbero la stessa sonorità e la musica sarebbe davvero noiosa.
Il fattore che permette di riconoscere i diversi strumenti musicali è la presenza di molte frequenze diverse nell’onda sonora da questi emessi (dette parziali), oltre a quella che corrisponde alla nota suonata (e che viene detta fondamentale).
I parziali che hanno frequenza maggiore della fondamentale sono detti parziali superiori o ipertoni.
Per la maggior parte degli strumenti musicali, le frequenze degli ipertoni sono multipli interi della fondamentale e sono dette armoniche, o armonici.
Per esempio, la frequenza corrispondente al “La da concerto” è 440 Hz.
Un’onda sonora a 880 Hz è un armonico dell’onda a 440 Hz perché la sua frequenza è esattamente doppia di quella a 440 Hz.
In questo caso l’onda sonora a 440 Hz è detta primo armonico o fondamentale, perché è pari a una volta la frequenza fondamentale, e l’onda sonora a 880 Hz è detta secondo armonico perché è pari a due volte la fondamentale.
Il terzo armonico sarà tre volte la fondamentale, cioè 1320 Hz.
Alcuni strumenti, come le campane, gli xilofoni e altri strumenti a percussione, presentano dei parziali che non sono armonicamente correlati con la fondamentale.
L’orecchio percepisce i suoni che sono multipli interi di una fondamentale come relazionati in modo speciale con la fondamentale stessa, e questa relazione è alla base dell’ottava musicale.
Per esempio, dato che il “La da concerto” è 440 Hz (e corrisponde al “La della terza ottava”, detto appunto A3), l’orecchio umano percepisce che un suono a 880 Hz, cioè il “La della quarta ottava” (A4) è quello che si avvicina maggiormente al “La da concerto”.
La nota successiva caratterizzata da questa stessa relazione è il “La della quinta ottava” (A5) che corrisponde alla frequenza di 1760 Hz. Perciò il “La” a 880 Hz è un’ ottava sopra il “La”-a 440 Hz e quello a 1760 Hz è due ottave sopra, e così via.
Dato che questi armonici sono multipli interi della fondamentale, vengono detti armonici pari, mentre quelli che non rispettano tale relazione sono detti armonici dispari.
In genere il suono creato dalla presenza di armonici pari è molto gradevole, al contrario di quello che si ha in presenza di armonici dispari, che creano dissonanze e sonorità più aspre.
Dato che le forme d’onda emesse dagli strumenti musicali contengono armonici con diverse ampiezze e relazioni di fase, queste forme d’onda assomigliano ben poco a quella sinusoidale di una singola frequenza.
Per questo le forme d’onda musicali possono essere suddivise in due categorie: semplici e complesse.
Quelle denominate quadrate, triangolari e a dente di sega sono esempi di onde semplici e sono caratterizzate da una consistente presenza di armonici.
Tali forme d’onda sono dette semplici perché sono continue e ripetitive per natura; un ciclo di un’onda quadra è esattamente uguale a quello successivo, e tutti sono simmetrici rispetto alla linea zero.
Le onde complesse, d’altro canto, non necessariamente si ripetono o sono simmetriche rispetto alla linea zero.
Un esempio di forma d’onda complessa è la voce umana, così come ogni altro suono che si genera in natura.
Anche se le forme d’onda complesse non sono caratterizzate dalla ripetitività, tutti i suoni possono essere matematicamente scomposti, e considerati come combinazioni di onde sinusoidali singole ma in continuo mutamento.
Per quanto riguarda la struttura o la complessità della forma d’onda che raggiunge il timpano dell’orecchio umano, l’orecchio interno separa i suoni nelle forme d’onda componenti prima di trasmettere gli stimoli al cervello.
Ciò può essere simulato elettronicamente facendo transitare un’ onda quadra attraverso un filtro passa banda regolato in modo da lasciar passare solo una ristretta banda di frequenze alla volta.
Si vedrebbe quindi che l’onda quadra è composta dalla frequenza fondamentale più tutti i suoi armonici dispari, l’ampiezza dei quali decresce all’aumentare della loro frequenza.
Qui viene illustrato come i singoli armonici dell’onda sinusoidale si combinino per formare un’onda quadra, mediante sottrazione dalla fondamentale laddove essi non siano correlati e mediante addizione laddove siano correlati.
Se ci si trovasse ad analizzare il contenuto armonico di un violino e a paragonarlo poi con quello di una viola (nel caso che entrambi stiano suonando un “La da concerto” a 440 Hz) si otterrebbero i risultati mostrati qui.
Si nota che il violino ha armonici che differiscono sia in estensione che in intensità rispetto a quelli della viola.
Gli armonici presenti e le loro relative intensità determinano le caratteristiche sonore di ciascuno strumento e sono detti timbro dello strumento.
Se si cambia il bilanciamento degli armonici emessi da uno strumento musicale, cambieranno le caratteristiche sonore dello strumento stesso.
Per esempio, se nel caso del violino si diminuisse il livello degli armonici che vanno dal quarto al decimo e si eliminassero quelli superiori al decimo, il violino suonerebbe proprio come una viola.
Dato che il bilanciamento relativo degli armonici di uno strumento è così importante per il suono dello strumento stesso, la risposta in frequenza di microfoni, amplificatori, monitor e di tutti gli altri elementi che il segnale incontra nel suo percorso, può influenzare il timbro o il bilanciamento armonico del suono.
Se la risposta in frequenza non è piatta, il timbro del suono ne risulterà cambiato; per esempio se si amplificano le alte frequenze in maniera minore rispetto alle basse e alle medie, il suono risulterà più smorzato del necessario.
Per questo alcune apparecchiature specifiche e gli equalizzatori possono essere usati per variare il timbro degli strumenti) variando perciò l’impressione soggettiva che producono sull’ascoltatore.
Da ultimo si deve considerare che, oltre alle diversità di contenuto armonico che caratterizzano gli strumenti musicali e le loro famiglie, il bilanciamento armonico varia a seconda della direzione di provenienza del suono.
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